Quattro persone si presentano ad un incontro. La prima è una donna bionda slanciata molto curata nei minimi dettagli e vestita molto bene. Si presenta sfoggiando un carisma non comune dichiarando la sua realizzazione come professionista e donna.
La seconda è un uomo di mezza età anche esso molto ben curato e si definisce confidente nella vita come nel lavoro. Si dichiara felice, si chiede come mai abbia accettato di venire a questo gruppo. Essendo un imprenditore ha poco tempo, ma una “strana”, così la definisce, attrazione lo ha portato ad essere con noi.
La terza è una giovane donna che lavora come bidella in una piccola città di un paese sperduto tra le montagne.
A differenza di tutte le altre persone non è ben vestita, non indossa abiti costosi e non essendo, a differenza della signora bionda, truccata, si sente fortemente a disagio. Dichiara di non sapere cosa ci fa in mezzo a persone così perfette e si scusa per la sua semplicità. Ovviamente gli faccio presente che non ha motivo di sentirsi a disagio poiché qui non vi è giudizio, ma solo il profondo rispetto per la vita di ognuno, indipendentemente da ciò che indossa o possiede.
Inizio a parlare di vita, di esperienze e di traumi. Parlo di miei fatti personali e di quando da bambino, pensando al futuro, sembri tutto possibile e allo stesso tempo, guardandosi allo specchio, quel presente sia così difficile.
Parlo di come il denaro, il possesso, l’apparire possa farci percepire molto diversi, quando invece dentro di noi continua, se non ascoltato ed in modo pressate, quel bambino, quella bambina a fare le stesse domande, pretendendo dal nostro se adulto risposte che il mondo materiale non è in grado di rispondere.
Più il tempo passa più esso, essa, diventano più insistenti.
Così la donna bionda si porta le mani al volto per sprofondare in un pianto profondo poiché accerchiata da un dolore antico che il suo stile di vita, sempre al limite, così lo definisce, non gli è permette di superare.
Dopo non molto si unisce anche l’uomo, raccontando parte delle sue esperienze. Il suo è un profondo stato di tristezza per non aver colto delle occasioni che dice, non torneranno mai più.
Egli esprime la sua impotenza vedendosi su di un lato di un fiume e mentre dall’altra sponda scorge lui da bambino. Li separa una corrente impetuosa e non c’è modo di raggiungere l’altra sponda senza rischiare d’annegare.
Con un filo di voce la piccola donna minuta, accarezzando la sua mano sinistra, con uno sguardo rivolto verso a terra ci racconta alcune vicende che in pochi minuti polverizzano le distanze inizialmente percepite. Ci racconta come ha affrontato ogni singolo evento abbracciando ogni parte di sé e di come questo sia stato, per quanto difficile , la guida che non gli ha permesso di trovare sempre la via di casa per il suo cuore.
Di colpo quella giovane bidella, che abita in un paese sperduto tra le montagne, si trasforma ai nostri occhi come una regina portatrice di una bellezza e di una consapevolezza che non può essere acquistata a nessun prezzo.
A volte sono proprio le persone che consideriamo ai margini della vita a fornire gli strumenti per costruire quella zattera che permetterà di raggiungere l’altra sponda indipendentemente da quanto il fiume possa essere impetuoso.
Imparare a guardare con gli occhi del cuore ci permette di riconoscere queste anime pure permettendoci così d’illuminare la nostra e la loro vita.